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Situato sull’omonimo colle, il più alto dei sette su cui fu fondata Roma, il Rione Esquilino è conosciuto per essere la zona in cui si intrecciano il maggior numero di nazionalità e tradizioni della città, un vero e proprio melting pot culturale.
Il suo toponimo non ha origini certe. Probabilmente deriva da Castrum Equites Singulares Augusti, la guardia personale a cavallo dell’imperatore. O forse deriva dal termine Aexquiliae, da ex-colere, il verbo che definiva la fascia suburbana, questo perché la zona si trovava al di fuori delle Mura Serviane, quindi all’esterno del nucleo cittadino, fino a quando, in epoca imperiale, furono innalzate le Mura Aureliane.
Il quartiere, come lo vediamo oggi, si sviluppò verso alla fine dell'Ottocento, intorno a Piazza Vittorio Emanuele II, la piazza più estesa di Roma con i suoi 316 x 174 m. La sistemazione della piazza e la progettazione dei monumentali edifici, con portici in stile umbertino che la circondano, si devono all'architetto romano Gaetano Koch che fu incaricato di realizzarli dopo il trasferimento della Capitale d'Italia da Firenze a Roma. Inaugurati nel 1888, i magnifici e appena restaurati Giardini di piazza Vittorio sono il cuore pulsante del rione. Definiti all'epoca come un magnifico e romantico “square” caratterizzato da una cancellata decorativa, al loro interno sono presenti tracce architettoniche di varie epoche. Il loro carattere esotico è sottolineato dalle numerose varietà arboree provenienti da tutto il mondo, tra cui palme, magnolie, platani, oltre a un delizioso roseto.
Tra i monumenti, i siti archeologici e gli edifici di culto più rappresentativi del rione troviamo Porta Maggiore con il curioso sepolcro del fornaio Eurisace e di sua moglie Atistia databile tra il 30 e il 20 a.C., i Trofei di Mario, una fontana monumentale di epoca imperiale situata all’interno dei giardini di piazza Vittorio Emanuele II, così come la misteriosa Porta Magica, antica testimonianza di una città che cela anche tanti miti e misteri. La chiesa di Santa Bibiana, la prima opera di architettura in assoluto di Gian Lorenzo Bernini, il teatro Ambra Jovinelli, l’unico, a Roma, costruito in stile liberty, l'Acquario Romano, iconico edificio monumentale ispirato alle architetture classiche greche e romane, la Basilica di Santa Croce in Gerusalemme, abitazione di Elena, madre di Costantino, che ne trasformò il grande atrio in una cappella per custodirvi le reliquie della Croce da lei portate a Roma, e Villa Wolkonsky, fatta costruire nel 1830 dalla Principessa Zenaida Wolkonsky, moglie del principe Nikita, aiutante di campo dello Zar Alessandro I. L’area della villa è attraversata da trentasei campate dell'acquedotto neroniano, edificato nel I secolo d.C.; su tre delle arcate, la principessa fece poggiare la sua dimora. Lungo il resto dell’acquedotto, inoltre, si sviluppò un giardino in stile romantico, che divenne famoso per le sue rose e i reperti romani, la maggior parte dei quali provenivano dalle tombe sorte lungo il percorso dell’acquedotto. Oggi, Villa Wolkonsky ospita la residenza ufficiale dell'ambasciatore britannico in Italia.